Firenze, 14-17 luglio - VI Domenica dopo Pentecoste,

 Vangelo della moltiplicazione dei pani

Caro Pino,

tu mi dici spesso: -cosa devo dire ai giovani della Vela? A quali problemi di fondo -per i quali essi possono avere effettivo interesse. viva attrazione -«  agganciarli »? Quali prospettive «rivelatrici» del tempo in cui essi vivono (un tempo pieno di cose davvero straordinarie ed inedite) mostrare ad essi? Ed ecco la mia risposta (una risposta, del resto, della quale abbiamo spesso parlato e della quale ho parlato anche alla Vela): a me pare che il problema che più interessa gli uomini di oggi e specialmente gli « uomini di domani» (quali sono le generazioni nuove) sia quello relativo al «punto» preciso in cui si trova oggi la navigazione storica del mondo! Solo facendo esattamente questo «punto», noi possiamo dire alle generazioni nuove: le messi già biondeggiano, la primavera della storia (malgrado tutto) è iniziata: l'estate storica già si preannuncia (malgrado tutto): ma attenti: è anche possibile -se non sarà fatta da parte del genere umano «la scelta giusta»- il più terribile inverno della storia: forse la distruzione stessa non solo del genere umano, ma anche del pianeta che esso abita.

I.

Come vedi, caro Pino, la situazione è davvero apocalittica (senza esagerazione alcuna): siamo davvero al «punto di crisi» della storia (al «punto» delle decisioni ultime): davanti a noi (davanti alle generazioni nuove) sta davvero la vita o la morte del genere umano: la vita millenaria della storia del mondo (10.000 anni, come disse Kennedy nel celebre discorso dell'ONU il 21-9-1961, dopo la morte di Hammarskjold); una vita storica piena di fioritura scientifica, tecnica, economica, politica, culturale e religiosa dei popoli di tutto il mondo (una specie di «età dell'oro»: età reale, non utopistica) -o la distruzione del genere umano e del pianeta stesso che esso abita (il pianeta diverrà un rogo, come Kennedy ammonì nel medesimo discorso all'ONU). Ma vediamo di precisare anche con dati statistici questa situazione-limite di svolta ultima (per così dire) della storia: vediamo di individuare con esattezza (come fanno i capitani quando si trovano in mezzo all'oceano ed hanno bisogno di orientare la loro navigazione) il « punto» in cui si trova la barca del mondo nell'oceano della storia presente. Dove siamo? Dove andiamo?

II.

Per rispondere a questa domanda -semplice ed essenziale domanda- che ogni giovane non può non porsi (se non è un superficiale ed un distratto: siamo imbarcati tutti sulla stessa barca ed il destino di essa è il destino di tutti: nessuno sfugge a questa inesorabile ed irreversibile navigazione nella quale la barca del mondo è impegnata)- bisogna anzitutto prendere coscienza di questo fatto: che la storia dei popoli (ed anche, in certo senso, la storia stessa del cosmo) è come un unico fiume che viene da una sorgente e va inevitabilmente (attraverso frequenti e spesso dolorose anse) verso una foce! Tutti i popoli (la storia di ogni popolo) formano con la loro storia -come tanti affluenti- questo fiume unico: si tratta di tante storie particolari che formano insieme -nel corso dei secoli e dei millenni- la storia unica e totale del mondo. Nessun popolo, nessun uomo, sfugge a questo unico cammino verso un unico traguardo: nessun popolo e nessun uomo sfugge a questo unico fiume avviato inevitabilmente verso una unica foce! La essenza stessa (in certo modo) della rivelazione biblica (A. e N. Test.) è tutta qui: aver rivelato che la storia ha una direzione, ha un senso. Nessuno può dire: -la cosa non mi interessa! No; tutti siamo inevitabilmente interessati (tutti imbarcati!) a questa unica navigazione ed a questa unica destinazione della storia del mondo! Lo so: tocco qui il più grande e grave problema degli uomini! Si tratta di un problema che non è estraneo a nessuno. Per comprendere bene questa unità del cammino e destino umano, bisogna prendere come modello la storia del popolo più misterioso del mondo: quello di Israele: tutto Israele era impegnato sotto la guida di Mosè -nessuno escluso!- nel grande, spesso pauroso, cammino che spingeva inevitabilmente tutti i figli di Israele a lasciare l'Egitto ad attraversare il Mar Rosso, a peregrinare nel deserto attraversare sotto la guida di Giosuè, (dopo drammatiche soste nel deserto) il Giordano ed a pervenire finalmente nella «terra promessa»! 
Quello che si dice per la storia particolare di Israele -una storia unica, in verità, destinata a fare da modello ed a condizionare in certo modo la storia totale del mondo (pensa «alla forza motrice» dei Profeti e di Cristo)- si ripete, in certo senso per la storia totale del mondo (di tutti i popoli): tutti i popoli e tutti gli uomini sono inevitabilmente avviati, come i figli di Israele, verso una unica destinazione storica: tutti sono imbarcati nella stessa barca, attraversano lo stesso oceano (i secoli ed i millenni) e sono destinati -senza in. taccare, con questo, la loro libertà e responsabilità individuale e collettiva- al medesimo porto.

Ecco, caro Pino, ciò che bisogna anzitutto fare: prendere coscienza di questa comune destinazione storica di ciascun popolo e di ciascuno di noi: nessun popolo e nessuna persona può dire: non mi riguarda e non mi interessa! Non ti riguarda e non ti interessa? Ma come, si tratta del destino, della tua esistenza, del tuo inevitabile cammino lungo l'intiero corso della tua vita: come fai a dire «non mi interessa»? È questa la cosa fondamentale che deve interessare la tua meditazione, la tua preghiera (se sei credente) e la tua azione! Credente o non credente, giovane o anziano, volente o nolente; il fatto esiste: sei imbarcato e la navigazione alla quale, volente o nolente, tu partecipi, interessa l'intiero corso della tua vita! 
Sei sulla barca, ed un colpo di remo lo dai inevitabilmente, anche tu! Sei sulla barca, e se la barca affonda, affondi anche tu; e se la barca giunge in porto, giungi in porto anche tu! 
Devi dunque esser cosciente di questo imbarco e devi porti- se non sei un superficiale -la grande questione: dove si trova la barca? In che “punto” dell'oceano storico essa oggi si trova?

III.

Ma permetti, caro Pino, che su questo fatto della «storia universale» in cui tutti ordinatamente ci troviamo imbarcati -volenti o nolenti; credenti o non credenti; intellettuali o operai; studenti o contadini; giovani o anziani!- io faccia una nuova riflessione. La storia universale (cioè quella di tutti i popoli) è, dunque, come un fiume costituito da tanti affluenti (la storia di ciascun popolo). Ebbene, è necessario non solo prendere coscienza di questa storia totale dei popoli. ma altresì di quella particolare del popolo (e della zona geografica) in cui facciamo più da vicino parte! Se tu appartieni alla storia di Firenze, all'Italia, all'Europa, alla zona mediterranea (e così via) tutto questo non è per te e pel popolo cui appartieni una situazione priva di significato: la geografia e la storia si condizionano! Tutto ciò non è, appunto, senza significato: tu non puoi non chiederti: ma cosa è (e come si inserisce nella storia del mondo) questa storia fiorentina? questa storia italiana, francese, etc.; questa storia di Europa (pensa a Roma, Atene, Parigi etc.); questa storia dei popoli mediterranei, prima fra essi questa misteriosa storia di Israele e di Gerusalemme, questa storia dell'Egitto e degli arabi, connesse con la storia della intiera famiglia di Abramo (ebrei, musulmani, cristiani)? 
Che senso ha -pel servizio del mondo, per l'avanzata della storia totale del mondo- tutto questo? 
Rendersi conto della storia particolare del popolo in cui siamo inclusi e vedere questa storia particolare nel concreto di quella universale: sapere da dove veniamo, dove siamo, dove andiamo: ecco la cosa in certo senso più importante della vita di ciascuno e di tutti!

V.

Ma, caro Pino, a questo punto una riflessione ulteriore mi si impone: la logica mi costringe! Se tutte le storie particolari dei popoli formano ordinatamente il grande fiume della storia universale, una domanda si impone: come sono fra di loro legate -nel loro fondo, nella loro radice ultima- queste storie particolari che formano insieme la storia universale della intiera famiglia umana? Quale è, fra di esse, quella «centrale» verso la quale, appunto, la storia universale converge e dalla quale essa si diparte? Questi problemi sono, indubbiamente, i problemi più attuali e più urgenti del nostro tempo: in essi, infatti, come tutti sanno, è impegnata, fra l'altro, l'intiera meditazione (ed azione) politica marxista! Il marxismo è, in ultima analisi, un tentativo di interpretazione e di costruzione della storia del mondo! 
Orbene: la risposta che io darò alla domanda sopra posta è insieme fondata sull'osservazione storica (un corso di 5000 anni di storia, la più qualificata!) e sulla rivelazione: ed è questa: in una visione unica, ordinata, ascendente, della storia del mondo (di ieri, di oggi, di domani) non può non essere scorto (se si ha davvero una visione di insieme « ascensiva » della storia) un punto centrale di «convergenza» e unificazione, e di orientamento (di finalizzazione) di tutta la storia del mondo: credenti o non credenti che si sia, non si può non vedere (se non si è offuscati da concezioni storiche precostituite e si è, perciò, storicamente attenti) che il mistero «profetico» del popolo di Israele (del popolo di Israele nel suo insieme, restando a parte -anche se non è privo di un significato profondo- il cruciale problema odierno della storia di Israele) ed il mistero perfezionatore di Cristo Risorto (e della Chiesa che, a partire da Pentecoste, vi si collega), costituiscono questo «punto centrale» che dà unità, orientamento, finalizzazione, alla storia di ciascun popolo ed alla storia di tutti i popoli.

Prendi, caro Pino, questi ultimi due mila anni di storia del mondo: poi aggiungi ad essi altri 2000 anni (grosso modo) di storia di Israele: dimmi: puoi negare -a parte tutte le obiezioni, tutti i difetti, tutti i limiti, tutte le « anse del fiume» ecc.- alla storia di Israele ed alla storia di Cristo nel mondo «la centralità» di cui si è parlato? Puoi negare alla storia odierna -a questa straordinaria età storica nuova del mondo, frutto di forze e componenti scientifiche, tecniche, politiche, demografiche, culturali, in certo modo assolutamente imprevedute- la sua evidente (solo che si sia attenti!) organica, derivazione «biblica e cristiana»? I grandi movimenti politici ed economici del nostro secolo -e quelli che si profilano nell'orizzonte della storia di oggi e di domani- altra derivazione, in ultima analisi, non hanno! 
Tu mi dirai (i giovani mi diranno): e i «grandi spazi» storici dei popoli asiatici ed africani e le loro rispettive culture? Lo so: si tratta di una immensa ed ancora inesplorata miniera di forze storiche fino ad ieri, in certo modo, inoperose -«riservate»!- ed ora già in azione (centrale nella storia!) per la costruzione della storia presente e futura del mondo: forze, ripeto, immense, essenziali, preziose: forze senza delle quali (come al tempo di Atene e della cultura greca e di Roma e della costruzione giuridica e politica romana) la storia nuova e la civiltà nuova del mondo non si edifica: e tuttavia permetti che io ti domandi: quale è il fiume storico centrale nel quale si riversano le acque di questi giganteschi fiumi storici dell' Asia, dell' Africa e di ogni continente? Da quale forza motrice centrale procede questo attuale movimento storico- tanto accelerato ed impetuoso- di emergenza delle grandi nazioni dell' Asia, dell' Africa e di ogni continente? 
Lo so: si tratta di problemi estremamente complessi: tuttavia permetti che io (credente!) ti dia la risposta: permetti che io ti indichi nel mistero biblico e cristiano (nel mistero di Cristo Risorto e della Chiesa che a partire da Pentecoste ne ha organicamente diffuso nel mondo la «forza soprannaturale resurrettiva e, perciò, anche civile) questa forza motrice originaria che inevitabilmente muove -malgrado gli immensi pericoli e le immense resistenze- verso le frontiere della «terra promessa» la storia nuova di tutte le nazioni del mondo! La storia dei popoli dell' Asia e dell’America (Nord e Sud), dell' Africa e di ogni continente non è senza un rapporto organico profondo con questo «punto di unificazione e di orientamento» costituito permanentemente nel corso dei secoli e dei millenni, dal mistero di Israele e dal mistero perfezionatore di Cristo.

V.

Ed anche qui, caro Pino, permettimi qualche altra riflessione. La storia del mondo -come dice Fornari- è la «biografia di uno», di Cristo! Non dimenticare mai questo fatto estrinseco, è vero, ma pure tanto significativo: che la cronologia della storia è stata divisa in due parti: secoli prima di Cristo, secoli dopo Cristo! È una scelta convenzionale? Va bene: ma è una scelta di datazione che la civiltà umana più qualificata ha fatto e che induce a meditazione quanti -credenti e non credenti- vogliono mettere davvero l'occhio nella corrente di fondo del moto storico. 
Lo so, caro Pino: a questo punto tu mi farai (i tuoi giovani mi faranno) l'obiezione in apparenza più forte e resistente: e il marxismo? Come la mettiamo con questo «marxismo» e con questa «civiltà marxista» che si proclamano strutturalmente atei e qualitativamente nuovi rispetto alle età precedenti e che occupano tanti vasti spazi nella geografia storica politica e culturale del nostro tempo (basti pensare all'Europa centrale e orientale, all' Asia ed ai paesi del terzo mondo)?

La domanda è certamente di estremo interesse e richiede uno svolgimento a parte: permetti, perciò; che io ti dica questa cosa (che sembra -tanto è in certo senso nuova ed implicativa di conseguenze profonde e vaste- quasi irreale: e non lo è: -il marxismo, nonostante errori e deviazioni, ha radice nel “mistero biblico”: esso è inintellegibile senza il ricorso ai Profeti di Israele (specie ad Isaia 61, 1 sgg; 11, 1 sgg) ed alla storia ed alla metodologia politica di Israele: alla storia di Mosè e dell'Esodo (la “rivolta” di Israele contro la oppressione del Faraone e la partenza avventurosa, attraversando il Mar Rosso, verso “la terra promessa”); non bisogna dimenticare, infatti, una cosa che è stata spesso dimenticata (i nuovi studi su Marx giovane e sulle componenti di fondo del marxismo mettono, da qualche tempo, in luce ogni giorno di più la «componente profetica» del marxismo): che cioè Marx è un ebreo e che la sua meditazione e la sua azione -a parte il contenuto metafisico, economico e politico ottocentesco in cui è incluso- non hanno senso senza il ricorso interpretativo ai Profeti d'Israele ed alla storia ed alla “metodologia del concreto” di Israele. 
Tu lo vedi, caro Pino; qui i problemi diventano estremamente complessi (problemi storici, scientifici, tecnici, economici, politici e così via): lasciamoli, quindi, da parte: per chi ne abbia voglia ci sono studi seri in proposito: e mi piace citare (per tutti) quelli chiari ed equilibrati di Girardi. 
Ad ogni modo, questa digressione -per altro necessaria, data la grande ampiezza geografica, storica, scientifica, tecnica, politica e culturale del fatto- ci riporta di nuovo (in qualche modo) alla tesi poc'anzi enunciata: e cioè che la storia universale (religiosa e civile) ha (per diritto e per rovescio!) un punto permanente di gravitazione di finalizzazione: esso è sempre costituito dal «mistero di Israele» (e di Cristo Risorto che ne è il componente): un mistero «profetico» che fermenta irresistibilmente ed irresistibilmente orienta la storia totale del mondo (cfr. Fornari, Vita di Cristo, libro III, cap.3° alla fine; è da leggere in questa prospettiva anche la «dichiarazione conciliare» relativa agli Ebrei: «Con i Profeti e con lo stesso Apostolo la Chiesa attende il giorno che Dio solo conosce in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e lo serviranno appoggiandosi spalla a spalla»).

Questa meditazione storica -più esattamente, sulle finalità di fondo della storia- dovrebbe costituire la nostra meditazione più assidua: tutti dovrebbero fame oggetto della loro più attenta riflessione e meditazione quotidiana: tutti, specie, poi, «le guide» politiche, scientifiche, economiche! culturali, spirituali del mondo! Perché come fai a guidare se non conosci la stazione di arrivo del tuo cammino e la strada per pervenirvi? Come fai a navigare in un fiume, se non ne conosci il corso e ne ignori la foce? A questo punto -a indicare questa stazione di arrivo della storia del mondo e questa strada per pervenirvi -mirarono le grandi meditazioni teologiche di S. Agostino, Bossuet, Dante, Fornari (e dei più recenti e autorevoli «teologi della storia» Cullman, Thils, Danielou, Feret, Chenu e tanti altri): a questo ha mirato la Chiesa nelle sue più recenti provvidenziali «indicazioni» (dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII alla Populorum Progressio di Paolo VI, specie par. 79: anche Pio XII, nel celebre discorso di S. Giuseppe 1958 ebbe intuizioni felici) ed è stata proprio questa consapevole “orientazione biblica” verso le frontiere nuove della storia a dare definizione, esemplarità, valore, alla meditazione politica ed alla esperienza politica della massima guida politica (anche se per soli 1000 giorni!) della storia presente del mondo: J. Kennedy.

Nella attuale situazione storica del mondo, (sempre, del resto, ma specialmente oggi!) caro Pino, una politica valida non esiste -a nessun livello- se i responsabili politici che i guidano il mondo non hanno chiara la visione delle «frontiere» verso cui la storia odierna è inevitabilmente avviata: se questa visione manca, queste guide sono cieche e conducono i popoli verso l'abisso (Luca 6, 39) è quello che, purtroppo, stava per verificarsi (e si è in parte verificato) in America, in Asia (Vietnam) e nel mondo dopo l'uccisione di Kennedy, dopo, cioè, la interruzione di una politica che aveva «visto storicamente bene» e che aveva perciò iniziato il solo cammino politicamente valido della coesistenza, del disarmo, dello sviluppo e della pace: un cammino interrotto alla fine del 1964 e che dopo questa triennale dolorosa sosta nel deserto della guerra (Vietnam, M. Oriente, Nigeria) e della rivolta (rivolta delle Università; rivolta dei negri) sta per essere ora, di nuovo, faticosamente ripreso (segni di questa ripresa sono il patto di non proliferazione dello luglio 1968 e i primi sondaggi di negoziati pel Vietnam a Parigi e per il M.O. nelle varie capitali interessate del mondo).

VI.

E torniamo ora, caro Pino -dopo questa introduzione un po’ lunga, in verità (mi pare) necessaria- alla domanda iniziale dalla quale siamo partiti: dove si trova -in quali «punto» dell'oceano storico si trova- la barca anche fisica del mondo (il pianeta, cioè, in cui è imbarcato, con la sua intiera storia, il genere umano)? In quale età nuova, epoca nuova, stagione nuova, è effettivamente entrata la storia universale (e, quindi, ciascuna storia particolare) del mondo? In quale punto siamo del cammino millenario che i popoli devono compiere per raggiungere (come Israele dopo l'uscita dalla schiavitù dell'Egitto) la terra promessa? Ed anzitutto: perché tutti parlano (e la cosa è vera) di età nuova, di epoca nuova, di svolta storica nuova, di svolta qualitativa che dà alla storia una novità mai, prima di ora, esistita? Nuova, in che cosa? Quale cosa differenzia in modo tale, la nostra età, la nostra epoca da farla diventare davvero una specie nuova, inconfrontabile, in certo senso, con le epoche anteriori della storia del mondo? Quale -in una parola- è la differenza specifica (per usare un linguaggio scientifico e sistematico) che fa della nostra epoca una epoca radicalmente nuova, unica, della storia del mondo? Ed eccoti la risposta: la differenza specifica è questa ed è bifronte: e cioè: 1) a causa del potenziale atomico oggi esistente (pare non meno di 500.000 megatoni) l'intiero genere umano può in qualunque momento essere distrutto, può essere in qualche modo almeno ”intaccato” lo stesso pianeta: può essere “intaccata” in qualche modo (così sembra) la stessa legge di gravitazione e si può così, in qualche modo, “toccare” la struttura stessa del sistema planetario! La barca della terra, ed il genere umano in essa imbarcato, può davvero, in qualunque momento, “affondare” (per così dire) nell'oceano dello spazio! In ogni caso, tutto è pronto (negli arsenali nucleari) per una distruzione “apocalittica” (e l'espressione non è metaforica) della storia e della terra: Gunther Anders ha messo in viva luce (nel suo libro “Essere o non Essere”) questa situazione. 2) Se i popoli (i responsabili politici di essi) non sceglieranno (con la guerra nucleare) la distruzione della terra, allora ecco l'altro aspetto apocalittico (perché l'Apocalisse è bifronte: essa mostra per un verso l'aspetto distruttivo del mondo e per l'altro verso l'aspetto della fioritura millenaria della civiltà e della storia del mondo, sotto la luce della Grazia e della verità) della nostra epoca: cioè la possibilità a causa proprio dell'indefinito progresso scientifico e tecnico del nostro tempo (a causa del potenziale nucleare trasformato da energia di distruzione apocalittica in energia di edificazione millenaria della civiltà) possa -sotto l'azione motrice ed elevante della grazia- fiorire “per 10.000 anni” (cioè per sempre) la pace, l'unità e la promozione civile e spirituale dei popoli di tutta la terra!
Ecco ciò che differenzia in modo radicale questa epoca da tutte le altre: ne fa, in certo senso, «l'epoca finale» del mondo: opera davvero il «salto qualitativo» del mondo: perché questa epoca di progresso scientifico e tecnico indefinito può durare millenni -conducendo il genere umano alle più impensabili avventure storiche di proporzioni cosmiche- e può anche finire domani (per così dire) se la follia degli uomini (ed anche il più impreveduto errore od incidente) facesse esplodere il potenziale nucleare già disponibile e provocasse «il rogo» e «l'affondamento» del pianeta. Ecco, caro Pino, «il punto apocalittico» cui trovasi (nell'oceano del tempo) la barca del mondo, la navigazione storica del mondo! E questa «situazione bifronte» della storia odierna, è una «situazione» che i massimi responsabili scientifici, tecnici e politici del mondo conoscono benissimo (i popoli molto meno): ma essi purtroppo non traggono da questa premessa tutte le conseguenze politiche, scientifiche, tecniche, economiche, culturali e spirituali che sono in essa contenute! Kennedy (nel celebre discorso all'ONU del 25 settembre 1961, dopo la morte, di Hammarskjold) lo disse: “l'umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all'umanità”; “gli avvenimenti e le decisioni dei prossimi dieci mesi potranno forse decidere il destino dell'uomo per i prossimi diecimila anni. Non ci sarà modo di sottrarsi a questi avvenimenti. Queste decisioni saranno senza appello. E noi saremo ricordati come la generazione che ha trasformato il pianeta in un rogo fiammeggiante o come la generazione che ha realizzato il suo voto di salvare le generazioni future dalla guerra”; “insieme noi salveremo il nostro pianeta o insieme periremo nelle sue fiamme: possiamo salvarlo, dobbiamo salvarlo: e così ci meriteremo la gratitudine eterna degli uomini e, come artefici della pace, l'eterna benedizione di Dio”. Ed altrove “Ogni uomo, ogni donna, ogni bambino vive sotto la minaccia di una spada di Damocle nucleare, appesa al più sottile dei fili, che ad ogni momento può venire tagliato per caso, per errore, o per follia”. Vuoi altre citazioni? Ecco «Se la scelta che ci sta di fronte è, come appare essere, fra la coesistenza e il cosuicidio, fra l'utopia e l'auto annientamento dell'umanità; non è allora più coraggioso, più degno della razza umana -ed anche meno pericoloso- optare per l'utopia e tentare di farla diventare realtà»? Potrei continuare, senza finire! Scienziati, tecnici, politici (Kennedy sovrattutto; ed anche Krusciov) e le più alte guide spirituali del mondo (per tutti Giovanni XXIII) hanno messo in luce, con severo rigore scientifico questa situazione nuova, apocalittica (bifronte, bivalente) della storia odierna nel mondo: il 6 agosto 1945 (con la bomba di Hiroshima) la storia è entrata in una età (in un'epoca, in una stagione) radicalmente nuova: l'età finale della scelta finale: la distruzione per sempre o la pace per sempre. Per la prima volta, in certo senso, i popoli e gli uomini tutti avvertono davvero «che il legame fondamentale che esiste fra di essi -come Kennedy disse- è che essi vivono tutti su questo piccolo pianeta ». Caro Pino, devo continuare? Citarti almeno alcuni titoli suggestivi di libri di scienziati americani ed europei su questo tema? Ecco: «la strategia dell'annientamento« di R. Lapp: «il giuoco della guerra» di Horowitz; la follia nucleare» di Parker; «la macchina della strategia universale di Kahn (in «La corsa agli armamenti») e così via (senza citare B. Russel; Jean Rostand; Einstein; Pauling; Oppenheimer; e mille altri).

 VII.

Eccoci, dunque, caro Pino, «situati», con esattezza scientifica, nel «punto preciso» della storia presente del mondo: ecco il «punto» ove si trova, nell'oceano storico, la barca del mondo!
Orbene: se apro l'Apocalisse (specie cap. VII, l sgg.; cap. XX 1 sgg.) se apro Isaia (specie Il,1 sgg.) trovo le chiavi preziose che mi permettono in qualche modo di intravedere il mistero profetico di Dio e di Cristo che sottostà -permettendo di vederla quasi controluce- a questaepoca tanto nuova della storia del mondo? Si tratta, del resto, di una domanda che non sono davvero io a fare per primo: ormai l'espressione «situazione apocalittica» del mondo è divenuta classica nella letteratura nucleare (e non nucleare) presente: il libro di Philbert (Christiliche Prophetie und Nuklearenergie) e quello di Anders e di tanti altri autentici scienziati nucleari usano delle chiavi simboliche dell' Apocalisse per decifrare (in qualche modo) questa situazione nuova, nucleare, del mondo! E l'idea Kennediana della «nuova frontiera» -la frontiera «della pace per sempre»; della «liberazione dell'uomo»; della «unità e promozione civile e spirituale dei popoli di tutta la terra» -non la vedi tralucere nei testi profetici di Isaia (da Kennedy esplicitamente richiamati nel discorso di investitura del 20-1-1961), dell'Evangelo, delle lettere Paoline, e dell' Apocalisse di S. Giovanni? Non vedi? La storia ha corso sino ad oggi i suoi millenni proprio per introdurci in questa epoca apocalittica, bifronte della «prima resurrezione» o della distruzione totale; per farci pervenire sino a questo «punto» nel quale l'utopia di Isaia e di S. Giovanni diventa la sola possibile realtà -se gli uomini la sceglieranno!- della storia odierna e futura del mondo? (Kaufmann ha messo in luce questa «attualità storica» di Isaia). Il piano di Dio (quale la Sacra Scrittura -dal Genesi all' Apocalisse- nelle sue linee essenziali lo rivela) dunque, si svolge irresistibilmente -come un fiume che va irresistibilmente verso la foce- nel mondo: i popoli sono destinati (se non scelgono la morte) ad entrare «nella terra promessa» della pace per sempre o della «fioritura civile e spirituale per sempre» (i «10.000 anni» di Kennedy: che sono in ultima analisi i «l0.000 anni» dell'Apocalisse: quei 10.000 anni che significano il corso intiero dei secoli). Questa visione religiosa e civile della storia presente e futura del mondo non è perciò utopistica, fantastica; essa è reale: essa possiede anche oggi autenticazioni estremamente significative (oltre quelle scientifiche): la Pacem in Terris, la Populorum Progressio -per non citare che le due autenticazioni spirituali più significative- hanno apposto (nonostante tutto) un sigillo preciso a queste immense speranze terrestri oltre che celesti, dei popoli: «la storia si arrenderà al disegno di Dio»: questa affermazione categorica di Paolo VI esprime la speranza suprema del mondo! E permetti che io finisca citando altri due testi di Kennedy: «... Perché, in ultima analisi, ciò che in sostanza ci unisce è che abitiamo tutti questo piccolo pianeta, respiriamo tutti la stessa aria, e abbiamo tutti caro il futuro dei nostri figli. Siamo tutti mortali». «Noi dobbiamo ricordare che al di là degli abissi e delle barriere che ora dividono il mondo, non vi sono nemici irriducibili. L'ostilità oggi è un fatto reale, ma non è una legge assoluta. La realtà suprema del nostro tempo è che siamo tutti figli di Dio e che su questo pianeta siamo tutti ugualmente vulnerabili ».  

VIII.

La definizione scientifica di questa nuova età storica del mondo, non potrebbe, dunque, essere più esatta: la «specificazione» di questa età (per usare una terminologia romanistica!) non potrebbe essere più determinata: e cioè la possibilità che il pianeta sia, in qualunque momento, distrutto o che sia iniziata la costruzione di una civiltà millenaria di promozione e di pace: ecco l'alternativa apocalittica che dà, appunto, definizione e volto all'età nostra! i A questa differenza specifica fondamentale se ne devono aggiungere alcune altre che precisano ulteriormente il volto ed il destino della nostra epoca. E cioè: a) la crescita demografica (accelerazione geometrica!) che raddoppierà fra 30 anni (nel 2000) la popolazione del mondo (per raggiungere l'attuale volume di 3 miliardi e mezzo c'è voluto l'intiero corso storico dei secoli e dei millenni; per raggiungere un volume doppio bastano ora solo 30 anni!). E fra 50 anni? fra 100 anni? fra 1000 anni? Dove tende questa «avventura planetaria» (e anche cosmica) della popolazione? La «lettura biblica» può darci luce anche su ciò. Quanta «ricchezza di doni intellettuali e volitivi» riservata senza misura -come diluvio di luce e di grazia, anche se mescolata a zizzania!- sul nostro pianeta e, per riflesso, sul cosmo intiero! b) la crescente inevitabile esplorazione degli spazi planetari e cosmici. Quali conseguenze scientifiche, tecniche. politiche, culturali, economiche, avrà questa esplorazione nella storia dei popoli? Le frontiere spaziali aperte, ormai. senza limiti alla avventura storica degli uomini. c) lo sviluppo tecnologico e la correlativa pianificazione di dimensioni (a tutti i livelli: da quello economico a quello politico, sociale, culturale) planetarie (l'ultimo libro di Galbraith -il nuovo stato industriale- è in proposito molto significativo). Fra questi ulteriori elementi specificatori della nostra età -vista in prospettiva- devo pure indicare alcuni «fatti» che vanno inevitabilmente producendosi e sempre più si produrranno nella nostra età (malgrado ogni apparenza contraria e malgrado ogni resistenza): essi discendono (almeno i prime tre), come corollario in certo senso. inevitabile, dal teorema della «situazione nucleare apocalittica» del mondo. Si tratta: d) della tendenza sempre più accentuata ed efficace (malgrado tutto) verso l'unità (fortemente differenziata: plurima!) politica, tecnica ed economica del mondo; e) della emergenza sempre più marcata ed efficace (malgrado tutto) -sino al livello dell'eguaglianza- dei paesi del terzo mondo (Asia, Africa, America Latina); f) della tendenza sempre più accentuata verso quella «unità della famiglia di Abramo» -e di tutta la famiglia dei credenti- che costituisce il porto verso cui tende la storia totale (religiosa e civile) del mondo: quella unità che Gesù sigillò con la Sua ultima preghiera al Padre nella vigilia della sua Passione: « Siano una cosa sola... affinché sia illuminato il mondo».

IX.

Caro Pino, ora devo proprio chiudere! Lo so: tutti questi punti sollevano domande e obiezioni a non finire! Fra l'altro potresti dire (e potrebbero dire con te i giovani): ma Professore, non le sembra «idealista», «utopista» questo quadro? Non è esso in contrasto con la severa realtà di questi anni? La guerra nel Vietnam e nel Medio Oriente; la guerra in Africa (Nigeria, Biafra, Sudan etc.); la fame crescente dei paesi poveri (2/3 dell'umanità) e l'arricchimento crescente dei paesi ricchi (Populorum Progressio!); la «collera dei negri»; la «collera dei poveri» in America Latina; la «rivolta dei giovani» (in tutte le Università del mondo); l'enigma della Cina e l'inquietudine profonda dell'Europa; il crescente equilibrio del terrore nucleare! Lo so: queste obiezioni sono reali: e tuttavia permetti che io ti dica: e se avvenisse (ed è inevitabile che avvenga, perché la guerra è impossibile, è utopia, e l'equilibrio del terrore è esso, pure, un non senso ed una utopia) il disarmo? Se le spese (inutili) per l'armamento si trasformassero in spese di sviluppo, in piani economici ed industriali e culturali pel terzo mondo (armi in aratri: siamo sempre con Isaia!)? Se avvenisse (ed è inevitabile, se non si vuole la distruzione della terra) il passaggio dalla civiltà della guerra alla «civiltà di pace» (dal «deserto» alla «terra promessa»: (leggere il recente stranissimo e sottilissimo «Rapporto segreto sulla possibilità e desiderabilità della pace»: bisogna leggerlo bene, controluce! Pare che lo abbia scritto Galbraith)? Se tutto questo avvenisse (e non può non avvenire! ci vuole preghiera, speranza, pazienza, e azione perseverante e decisa a tutti i livelli: spes contra spem) allora tutte obiezioni svanirebbero! Il disarmo, lo sviluppo, la pace: ecco le inevitabili direttrici della storia odierna! E, del resto, questo cammino non era stato già iniziato negli anni 61-63? Giovanni XXIII, Kennedy e Krusciov non avevano già iniziato questo cammino verso la «terra promessa» ? È vero: poi è venuto il pauroso tentativo di «arretramento»: (come il tentativo degli ebrei da Dio punito: la nostalgia dell’Egitto!) è venuta la guerra del Vietnam con ciò che essa ha prodotto («rivolta» dei negri e protesta dei giovani): ma ora (luglio 1968) non c'è già presso tutti i popoli della terra un nuovo sforzo per riprendere la strada interrotta, il cammino faticoso verso «la terra promessa»? Trattative faticose, ma non interrotte per giungere ad un negoziato nel Medio Oriente: «lievitazione» inevitabile di vera libertà nei paesi socialisti; trattato di non proliferazione; etc. non vedi? Tutto è di nuovo in movimento: l'inevitabile cammino della pace (disarmo, sviluppo) viene ripreso: e la «speranza biblica» torna di nuovo -malgrado tutto- a fiorire!

X.

Chiudo così, caro Pino: con la speranza che -almeno in prospettiva- torna a fiorire! Cosa dobbiamo fare tutti? Prendere coscienza di questa situazione storica nuova del mondo (alzate gli occhi e vedete, dice il Signore); pregare molto perché il piano di salvezza religioso e storico del Signore si attui nel mondo (venga il tuo Regno; sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra); ed operare con fermezza ed intelligenza a tutti i livelli (politici, scientifici, tecnici, economici, sociali, culturali e spirituali) perché la barca ove è imbarcato il genere umano non solo non affondi, ma avanzi con accresciuta accelerazione verso il porto della pace, del disarmo, dello sviluppo, della unità e della promozione civile e spirituale dei popoli di tutto il pianeta. Prega e fa pregare la Madonna -Regina Mundi et Pacis- per me


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