Preambolo e conclusioni allo Statuto
del Congresso Mediterraneo della Cultura

19 febbraio 1960

Il fine del Congresso Mediterraneo della Cultura è di riunire alcuni rappresentanti della cultura mediterranea, qualsiasi sia la loro obbedienza religiosa o nazionale, in vista di promuovere insieme i valori comuni.

I popoli rivieraschi del Mediterraneo hanno, infatti, che lo vogliano o meno, un comune destino. Essi hanno esercitato una influenza decisiva nel passato della storia dell’umanità. È dunque possibile che essi siano chiamati a giocare oggi ancora un ruolo decisivo, accanto alle altri grandi culture mondiali. Ciò suppone prima di tutto che si stabiliscano relazioni personali fra i rappresentanti autorizzati dei diversi Paesi mediterranei.

Occorre riconoscere che i conflitti politici e ideologici rendono questi incontri un impegno particolarmente difficile, ma anche singolarmente importante. Stante l’influenza degli intellettuali nell’attuale civiltà, questi incontri possono costituire un fattore importante di pace. Essi sono inoltre un’ occasione di conoscenza reciproca che fa crollare i pregiudizi e le ignoranze

Il Congresso suppone l’esistenza di una cultura mediterranea comune. Questa cultura mediterranea comune poggia sia sulla tradizione biblica, comune ai giudei, ai cristiani e ai musulmani e che li radica tutti in Abramo, sia sull’ eredità della civiltà greco-romana.
Il compito principale del Congresso dovrà dunque essere da un fare l’inventario delle strutture costitutive della cultura mediterranea, sia per definire il genio mediterraneo sul piano letterario, sia per evidenziare le sue linee metafisiche, le sue strutture giuridiche, le sue credenze religiose. È chiaro che tutto ciò non ha senso se non per inventare nel prolungamento di questa tradizione un ordine umano mediterraneo, fondato sulla giustizia e sulla felicità, che costituisca un elemento decisivo della civiltà mondiale di domani.

Le scienze, le tecniche, la produzione di massa e l’accelerazione degli scambi tendono a uniformare i modi di esistenza e a imporre a tutti uno stile di vita moderno dove le diversità locali si cancellano progressivamente.La società industriale crea una civiltà planetaria dove si elabora un tipo di uomo di cui si ritrova il modello dappertutto a scapito della sopravvivenza dei costumi, delle tradizioni e delle lingue.(…) Nella prospettiva aperta dalla rivoluzione del ventesimo secolo, il Mediterraneo può ancora giocare un ruolo motore (…) l’umanesimo mediterraneo non è affatto un insieme di forme di pensieri e di miti estranei all’uomo del ventesimo secolo.

Noi pensiamo che il Mediterraneo resta ciò che fu: una sorgente inestinguibile di creatività, un focolare vivente e universale dove gli uomini possono ricevere le luci della conoscenza, la grazia della bellezza e il calore della fraternità.La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo del ventesimo secolo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi:- liberare i valori tradizionali dagli stereotipi che li mummificano,- sostenere in tutte le occasioni la causa dell’Uomo contro le forze che lo opprimono e ostacolano la sua riuscita,- contenere la smisuratezza del potere e delle passioni,- in breve, lavorare per la realizzazione simultanea di un mondo fatto a misura d’uomo da uomini fatti a misura del mondo. 

                                                                                                                                                 Giorgio La Pira

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